I commenti che hanno fatto seguito ed accompagnato il disastro ferroviario di Brandizzo, in Piemonte, che ha provocato la morte di 5 operai morti, sembrano muoversi in una sorta di copione consolidato: “non si può e non si deve morire di lavoro, il lavoro è per vivere, il lavoro è dignità.”

Questo sentimento ci ha ghermito quando nella mattinata del 31 agosto si è diffusa la notizia dell’ennesimo disastro ferroviario, di una nuova strage sul lavoro occorsa in Piemonte (ricordiamo il caso Thyssen del 2007). Abbiamo tutti percepito una grande emozione, una forte indignazione che si è fortemente saldata ai sentimenti di vicinanza con le famiglie dei lavoratori scomparsi.

Era la notte tra il 30 e 31 agosto, attorno alla mezzanotte, 5 operai di una ditta, la Sigifger di Vercelli, che svolgeva attività di manutenzione sui binari per conto della RFI, la rete ferroviaria Italia, nella tratta Milano Torino, all’altezza di Brandizzo, un comune a 17 km da Torino, perdevano la vita in quanto travolti da una motrice che trasportava vagoni vuoti.

Il Presidente Mattarella, presente in Piemonte per ricordare Altiero Spinelli e ricordare gli 80 anni della tavola valdese, ha ringraziato “il Sindaco per avere esortato tutti noi presenti a un minuto di raccoglimento per il dolore per la morte di questi cinque lavoratori di questa notte. … abbiamo pensato come morire sul lavoro sia un oltraggio ai valori della convivenza.

E’ vero ogni morte sul lavoro equivale a mortificare, ad infrangere la convivenza civile che poggia su rapporti di lavoro dignitosi e sicuri

Gli operai scomparsi erano tutti dipendenti della Sigifer di Borgo Vercelli ed avevano un’età da 22 a 52 anni.

Il dolore quindi è grande e l’attività della magistratura inquirente con gli opportuni supporti degli organi di vigilanza dovrà fare chiarezza sulle cause del disastro.Ma anche con il dolore che ci accompagna e le lacrime che solcano il viso dobbiamo indignarci, andare oltre il sensazionalismo e riflettere ed invitare a riflettere perché non accada più

Per chi, come chi scrive, si occupa professionalmente, a partire dalla laurea in Diritto del lavoro scritta sui temi della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro nella metà degli anni 70, ogni infortunio è un fallimento del progetto di prevenzione e la causa è riposta nella colpa dell’organizzazione o nell’errore umano.

E tuttavia, su questo versante si sviluppa la conoscenza tecnologica, si modellano e si perfezionano i percorsi formativi, laddove formazione sta per radicare la consapevolezza del proprio ruolo all’interno dell’organizzazione aziendale, elevare le abilità professionali nella direzione del lavoro dignitoso ed irrobustire la sensibilità verso il lavoro sicuro.

Il termine sicurezza deriva dal latino sine cura, cioè senza preoccupazione, nel senso che qualcuno prima dell’ingresso di un lavoratore, un addetto, una persona insomma nell’organizzazione di lavoro ha valutato i rischi, tutti i rischi (è il DVR documento di valutazione dei rischi) che costituisce obbligo indelegabile del datore di lavoro che vi adempie con la collaborazione dell’RSPP (il Responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi aziendali e professionali) del MC (Medico competente che conosce la relazione tra l’esposizione del rischio e la patologia che genera) e con la consultazione dell’RLS (il Rappresentante del lavoratori per la sicurezza, perché il sistema è fortemente partecipato).

Questo modello è coerente con quanto disciplinato dal Testo Unico e cioè dal d.lgs.81 del 2008 e tuttavia in tema di ferrovie opera una legge speciale, la n.191 del 26 aprile 1974 “ Prevenzione degli infortuni sul lavoro nei servizi e negli impianti gestiti dall’Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato”   e del relativo D.P.R. dell’ 1° giugno 1979, n. 469 “Regolamento di attuazione della legge 26 aprile 1974, n. 191, sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro nei servizi e negli impianti gestiti dall’Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato”

Nel caso di Brandizzo vi era un appalto, quindi un rapporto contrattuale tra la committente e la società dell’appalto manutentivo e nel TUS la materia è riguardata dal Titolo IV, quello dei cantieri temporanei o mobili.

La società committente era RFI del gruppo FS e il sistema ferroviario ha un ulteriore elemento di specificità dato dall’Ansfisa, Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali, istituita con il cosiddetto Decreto Genova, ai sensi  dell’articolo 12 del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2018, n. 130.

L’Agenzia è dotata di personalità giuridica di diritto pubblico e, ai sensi del D.lgs. n. 300/1999, di autonomia regolamentare, amministrativa, patrimoniale, contabile e finanziaria ed ha il compito di promuovere la sicurezza e vigilare sulle infrastrutture ferroviarie, stradali e autostradali e sugli impianti fissi e promuovere la sicurezza e vigilare sulle infrastrutture ferroviarie, stradali e autostradali e sugli impianti fissi. 

Essa ha per mission “attuare un moderno concetto di sicurezza, articolata in termini di azioni proattive ed evolutive, al fine di garantire il miglioramento della qualità delle infrastrutture di trasporto terrestre e, quindi, una mobilità più fluida e diretta a tutti i cittadini sul territorio nazionale.”

Ne consegue che RFI seleziona i suoi contraenti, i suoi appaltatori e quindi la Sigifer sulla base di scelte rigorose e di elevata qualità e quindi i livelli di qualità non possono essere derogati nella stipula di un contratto manutentivo, che impone permessi di lavoro e autorizzazioni tra committente ed appaltatori.

Eppure la vicenda di Brandizzo ci lascia sgomenti, perché c’è stato errore anche se si parla di fatalità e non possiamo nasconderci sulla circostanza che la fatalità esiste. Ma l’impegno a svolgere un lavoro in conformità e in coerenza con le norme della sicurezza che innalza la soglia della tutela (e tutela vuol dire protezione del contraente debole) che deve ridurre al minimo la fatalità.

Le autorità inquirenti definiranno le modalità dell’infortunio mortale e individueranno le responsabilità di questo incidente.

Si cercheranno i responsabili, ma come diciamo nelle nostre aule di formazione quando una vicenda infortunistica entra in tribunale in quello stesso momento registra il suo fallimento.

Nunzio Leone